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1975-1988


Dialogando, Portogruaro 1988

di Diego Collovini

diego collovini - Nel vedere una pittura ci si chiede spesso se esiste un'altra faccia simile o dissimile a quella che vediamo. Ci chiediamo anche se l'immagine che ci è posta davanti è capace di esistere di per se sola, oppure se indirettamente accenna alla presenza irrinunciabile dell'artista.

"L'arte moderna si contraddistingue per una maggiore relativa libertà dell'espressione del soggetto", scrive Piet Mondrian sostenendo anche che nell'arte esiste un concetto teoretico come momento conoscitivo in cui l'idea si fa forma chiara e distinta e dove viene ricondotta alla misura mentale dell'uomo. Accanto a questo concetto teoretico ne esiste un altro che concepisce l'arte come adesione immediata e riflessa tra mondo interiore e mondo esterno, quasi un possedere nell'essere posseduto.

Ogni opera d'arte è dunque un organismo autonomo e nella sua essenza profonda sta a lato della natura - come superificie visibile delle cose -, ma in quanto astrazione dalla natura stessa si esaurisce nei suoi valori di forma (linea, colore, composizione) dove acquista il significato di un'esperienza trascendentale, di un'operazione risolutiva di ogni antinomia tra mondo sensibile e mondo intelligibile.


pope - Ogni prodotto finale è per- me il risultato di anni di ricerca, di continue prove, di interpretazioni di ogni mio fare e del mio procedere. Il mio operare d'artista niente altro è che una continuazione di rílettura nella scansione dei periodi, negli avvicendamenti linguistici, negli scarti, nelle differenze e, perché no, anche nei recuperi che via via, lo interpongo tra me e il mio stesso desiderio, sempre più ansioso, di un'immagine nuova. Queste immagini diventano poi più provocatorie e fanno da sottofondo, come un silenzioso ma insistente accompagnatore, alle tensioni intellettuali e agli stati d'animo, i quali sottendono il mio operare, ma che alla fine non diventano necessari, differenza delle mutazioni linguistiche per la coinprensione dell'opera ultima.


D- Allora quest'immagine diventa, se vuoi, occasione d'altro, cioè esiste veramente la possibilità di un rapporto conoscitivo che utilizza si’ l'immagine, ma che non si ferma all'immagine stessa. Voglio dire che tutto il tuo lavoro si muove utilizzando piu’ elementi, i quali però giocano con se stessi nell'alternanza; non vedo mai un elemento sovrastare in assoluto gli altri che compongono un tuo quadro, anzi credo di rilevare che l'aspetto autoriflessivo degli strumenti linguistici adoperati è sempre abbinato al piacere di poter avere proprio un impatto, un rapporto immediato e tempestivo con le immagini, in cui anche la materia ha il suo privilegio e la sua attiva presenza.


P- Può anche darsi che il mio lavoro nella pura fase della fruizíone, si distingua nell'alternanza, ma è anche vero che lo ho spesso tentato di definire e di elaborare elementi geometrici fin quasi all'annullamento. Pensa ad esempio alle linee di colore ordinate obliquamente in quella operazione ripetitiva,quasi monotona, che ha caratterizzato il ciclo dei "percorsi variabili", o quella seguente delle "dorature" in cui le linee venivano seminascoste da una leggera patina dorata. Questo effetto trasparenza ha creato immediatamente una sorta di dualismo, quasi armonico, tra la linea e la superficie, senza con questo privilegiare né l'uno, né l'altro. Nel ciclo "pagine di colore", si era instaurato un rapporto immediato e unico, quasi dialogante, tra la linea e la superficie monocroma, e ho cosi compreso che la linea aveva ormai consumato la sua tensione produttiva. E' chiaro che avendo esaurita questa problematico non mi rimaneva che interpretare la superficie nelle sue due espressioni piu’ intense e complesse: il colore e la materia.


D- Io pero’ credo che l'artista sia consapevole che il colore non esiste nella realtà, ma solo nell'occhio di chi guarda e per questo inventa esperienze tali da divenire particolarmente eccitanti e in grado di comportare un'intensa vibrazione che varia continuamente di grado in rapporto più diretto ed aggressivo con l'osservatore.

Funzione finale dell'opera è quindi sintetizzare la forza e la violenza dell'effetto luce, la variazione delle tonalità, la completa visione e l'intervento cromatico minimo, proponendo cosi uno spettacolo complesso con un linguaggio proprio e finemente emotivo che induce allo svuotamento delle meditazioni e dei mezzi espressivi.


P- Io ho lavorato in passato con due soli colori: il bianco e il nero. Ho però dovuto notare che i due colori si eliminavano a vicenda e l'impatto che ne usciva il più delle volte era un grigio, anche se caldo. Usare invece tutta la qamma dei colori è una sorta di sfida perché cosi’ posso confrontare le risultanze dell'accostamento tra il blu ed il giallo, tra il rosso ed il giallo o tra il blu e rosso o tra il rosso ed il giallo, cambiando il meno possibile sotto l'aspetto formale. Infatti le mie opere appaiono immediatamente sempre le stesse se le si osserva sotto l'aspetto formale, mentre nel mio procedere solamente l'idea concetto è sempre la stessa. L'oggetto visivo deve per forza cambiare in continuazione, perché, quando stendo il colore sulla tela, so già che ogni accostamento cromatico crea un effetto sempre diverso. In sintesi io non faccio che elaborare sempre la stessa opera.


D- La materia è un elemento particolare capace di inglobare in sé ogni segno che, come tale, nel tempo si trasforma in traccia, in elemento costitutivo della presenza dell'uomo. La materia, nella sua duttilità e nel suo essere essenzialmente amorfa, è capace di diventare la pura espressione fenomenologica della gestualità dell'uomo. Ogni artista utilizza questa materia, la plasma, la penetra, la lacera, la trapassa, la compone, la ricompone fino a farla diventare espressione evidente della propria idealità. Sono movimenti questi che partono dalla periferia per concentrarsi in un solo punto, capace però di accogliere la progettualità più intima del singolo artista che, proprio in quel punto, azzera ogni sua energia dando vita ad un oggetto in grado di esistere per se stesso perché ha definito la premessa iniziale.

La disseminazione dei segni non è che il dinamico, ritmico, movimentato e nervoso tratto di una pittura gestuale la cui germinazione pittorica diviene autonoma e si carica di insolite densità e stratificazioni, mentre la superficie si trasforma in momento di passaggio e di transizione.


P- Il mio modo di fare pittura, in sintesi, è un procedere profondamente analitico e controllato, perciò non lascio nulla al caso iniziale. Questo modo di procedere mi permette un recupero quasi totale della manualità e anche della tecnica pittorica, due elementi fondamentali dell’essere pittore.

Questo mio modo di procedere mi separa dall'opera finale che deve vivere esclusivamente della propria sufficienza sintattica.


Portogruaro, febbraio 1988




 

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