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1975-1988


Pope, Gorizia 1980

di Marino Medeot

Il progetto pittorico di Pope implica la ripresa della manualità del fare, secondo la quale "pittura" è il risultato di una serie di operazioni che si dilatano nel tempo e nello spazio. Se il progetto - in altre parole - è insito alla sostanza cromatica volta per volta constatata dall'osservatore nell'oggetto dipinto, questi - a sua volta - svela la tecnologia operativa colta nelle sue relazioni più intime. La scelta del formato del telaio su cui è tesa la tela, di per sè è parte dell'operazione artistica non diversamente dalla scelta degli elementi coloranti tramite i quali culturalmente Pope simbolizza l'opera sua.

Cosicchè tutti i discorsi possibili rimangono all'interno dei limiti strutturali e percettivi definiti dal dipinto (o dai dipinti). Sia se si vuole domandare i perché di questa pittura, riguardo a supposti contenuti, emozioni e significati; sia se si vuole rispondere che di tutto ciò non si tratta, ma che il fine di questo operare è la verifica dei modi del dipingere. In fondo, guardando a queste operazioni, ciò che ci sbilancia, sono le nostre accumulazioni storiche secondo cui apprezziamo l'arte figurativa in relazione alle connotazioni iconologiche e iconografiche in noi già precisate.

Ma se riprendessimo il discorso di Cennino Cennini, secondo il quale "fondamento dell'arte, e di tutti questi lavori di mano, principio è il disegno e il colorire. Queste due parti vogliono questo: cioè, sapere triare, o vero macinare; incollare; impannare; ingessare, e radere i gessi, e pulirli; temperare; campaggiare: spolverare; adornare ...” allora ci renderemmo conto che "nuovo" campo di ricerca figurativa è la fisicizzazione del fare. Scomparsi i legami iconologici e iconografici, con Pope siamo costretti a prendere atto dell'andamento dei suoi segni-colore come aspetti altrettanto macroscopici di un racconto il cui soggetto è il divenire del fare, sequenzializzato nel suo organico procedere.

Marino Medeot

Gorizia, 1980




 

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